Nella sua vita aveva spinto fino alle estreme conseguenze moltissime cose. Aveva trascinato litigi che si sarebbero potuti risolvere con semplici parole di scusa, o con una telefonata e nulla più. Prima con suo fratello gemello, poi con i suoi colleghi musicisti. Sì perché Luca è un jazzista, «e quando sei un jazzista non smetti mai di esserlo, anche se non suoni più», dice orgoglioso.
Un carattere difficile, il gioco d’azzardo. Una spirale di negatività dove è difficile trovare un’uscita di emergenza, anche se sei pratico di scale modali, come Luca. «Amo Chet Baker e Miles Davis - si illuminano gli occhi - fin da quando ero piccolo il canto della tromba che saltava spericolata nelle sessioni jazz mi eccitava. Ho iniziato a suonare a 7 anni, e non ho più smesso, fino a quando le mie mani hanno iniziato a fare male, e non ho più avuto molto fiato».
«Mi hanno regalato un walkman, con musicassette di Davis e Baker... quando le ascolto mi immagino a New York, a suonare la mia tromba»
Era un musicista intransigente, meticoloso, preciso. Ma nel quotidiano si trasformava: un uomo fragile, pieno di rabbia, un sentimento livoroso che l’accompagnava fin dall’infanzia. Aveva debellato i difetti più semplici, ritrovandosi però sconfitto dal gioco, dove sprecava ogni centesimo guadagnato, con merito, nei jazz club.
Deturpava il suo amore più grande, e non se n’è reso mai conto, fino a quando è stato costretto a vendere la sua tromba per ripagare un debito. Non riusciva più comunque a suonare: lo stress della dipendenza dal gioco gli aveva consumato i nervi e spezzato il fiato.
Ora, a fatica, sta recuperando energie. Spera di poter comprare un tromba, un giorno.
Scopri gli altri supereroi
* Ogni storia è frutto della commistione di diversi racconti che abbiamo ascoltato durante l’inchiesta, al fine di preservare la privacy di chi ha deciso di offrire anche rughe, occhi e sorrisi, che già hanno molto da dire.